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Immagine del redattoreAlliance Food Consultants

Utilizzo alimentare della canapa. Stato dell’arte



Dal 2019, a seguito della riformulazione all’interno del catalogo dei Novel Food delle precedenti voci, "Cannabis sativa L.", "Cannabidiol" / "Cannabinoids", gli estratti di Cannabis sativa L. e i prodotti derivati contenenti cannabinoidi sono considerati “nuovi alimenti”.


Questo vale sia per gli estratti stessi che per tutti i prodotti ai quali essi vengono aggiunti come ingrediente, nonché agli estratti di altre piante contenenti cannabinoidi. I cannabinoidi ottenuti sinteticamente sono anch’essi considerati novel foods.

Restano invece alimenti tradizionali e, pertanto, al di fuori del campo di applicazione del Regolamento Novel Foods soltanto i semi di canapa e suoi derivati (olio, farine, etc.).


Il chiarimento operato nel 2019 non è stato privo di conseguenze, facendo ricadere nell’ambito dei novel foods alimenti che per anni erano stati ritenuti esclusi dal campo di applicazione della normativa sui nuovi alimenti e aprendo un conflitto interpretativo tra amministrazioni nazionali.


Per quanto riguarda la coltivazione, invece, nell’Unione Europea, essa è consentita per le varietà di Cannabis sativa L., a condizione che queste siano registrate nel “Common Catalogue of Varieties of Agricultural Plant Species” (Catalogo comune delle varietà delle specie di piante agricole) dell’UE e che il contenuto di tetraidrocannabinolo (THC) non superi lo 0.2% (p/p).


A livello globale, all’inizio del 2019, l’OMS (Organizzazione Mondiale della Salute) aveva predisposto una proposta di raccomandazione volta a chiarire come gli estratti della cannabis (come ad esempio il CBD) contenenti fino allo 0,2% di THC non debbano essere considerati inclusi nelle convenzioni sul controllo degli stupefacenti.

Secondo l’OMS la pianta di cannabis, così come le resine che se ne ricavano, dovrebbero essere infatti tolte dalla tabella IV, quella più restrittiva prevista dalla Convenzione sugli stupefacenti del 1961 in cui sono elencate le sostanze ad alto rischio e senza valore medico, facendo in modo che rimangano nella tabella I in cui sono già presenti.

Altra raccomandazione riguarda la rimozione del THC e dei suoi isomeri dal trattato sugli stupefacenti del 1971 e aggiunti alla tabella I della convenzione del 1961 e stessa richiesta per il Dronabinol, THC sintetico. Nonché che estratti e tinture siano rimosse dalla tabella I della convenzione del 1961. Poi ancora di aggiungere preparazioni con THC che seguono alcuni criteri alla tabella III della convenzione del 1961. Infine, secondo l’OMS, i prodotti che contengono CBD e THC sotto la soglia dello 0,2%, non devono essere inseriti in nessuna tabella.


Nonostante tale indicazione, negli ultimi mesi, il dibattito che ruota attorno al CBD ha visto scontrarsi posizioni opposte, e la stessa Commissione europea, avrebbe proposto di classificare il CBD talvolta come farmaco, talaltra come stufefacente.


La raccomandazione dell’OMS verrà posta in votazione nel mese di dicembre e, se approvata senza modifiche, potrebbe essere fondamentale nell’individuazione di una cornice normativa definitiva per il CBD.

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