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Decreto sede stabilimento - Alcune criticità



La recente pubblicazione in Gazzetta Ufficiale del decreto legislativo n. 145 del 15 settembre 2017, relativo all’obbligo di indicazione della sede dello stabilimento di produzione o, se diverso di confezionamento, ha sollevato taluni dubbi di matrice interpretativa che rendono, se non dipanati, quantomai difficoltoso il corretto adempimento delle disposizioni entro il 5 aprile 2018, data di entrata in applicazione del decreto.

La norma, infatti, non è esatta trasposizione della precedente disposizione di cui all’articolo 3 del D.Lgs. 109/1992 che, al comma 1, lettera f), riportava fra le indicazioni obbligatorie “la sede dello stabilimento di produzione o di confezionamento” rimettendo all’OSA responsabile delle informazioni la facoltà di scegliere quale delle due informazioni riportare in etichetta, nel caso non coincidessero.

La nuova norma, invece, richiede che vada riportato obbligatoriamente l’indirizzo della sede dello stabilimento di confezionamento ogni qualvolta questo sia diverso dall’indirizzo della sede dello stabilimento produttivo, anche se tale unità faccia capo ad un soggetto diverso dal soggetto responsabile, non lasciando più all’operatore alcuna facoltà di scelta.

Chiarito tale aspetto, restano tuttavia aperte alcune criticità del decreto.

  • Definizione di confezionamento. Il decreto n. 145, pur facendo espresso riferimento per diversi aspetti al Regolamento UE 1169/2011 per quanto concerne le definizioni, nulla chiarisce in ordine al confezionamento. Soccorrerebbe a tal proposito l’articolo 2, paragrafo 1, lettera j) del regolamento 852/2004 (CE) sull'igiene dei prodotti alimentari che definisce confezionamento “il collocamento di un prodotto alimentare in un involucro o contenitore posti a diretto contatto con il prodotto alimentare in questione, nonché detto involucro o contenitore”. Lo stesso comma riporta inoltre alla lettera k) la definizione di “imballaggio”: “il collocamento di uno o più prodotti alimentari confezionati in un secondo contenitore, nonché detto secondo contenitore”. In tale ottica, la sede dello stabilimento di confezionamento dovrebbe pertanto essere quello in cui avvengono le sole operazioni di confezionamento di cui al Regolamento 852/2004 (CE). Questa definizione sarebbe peraltro pienamente confacente alle esigenze di tutela della salute pubblica, indicate anche nella relazione di accompagnamento al provvedimento come motivazione primaria legittimante il mantenimento di disposizioni nazionali.

  • Prodotti preimballati originari di paesi extra UE. Mentre l’articolo 11 del D.Lgs. 109/1992 esentava dal proprio campo di applicazione i prodotti provenienti da altri Paesi per la vendita tal quali in Italia, l’articolo 7 del decreto legislativo n. 145/2017, relativo alla clausola del “Mutuo riconoscimento”, dispone che sono fatti salvi dall’obbligo solo i prodotti alimentari preimballati legalmente fabbricati o commercializzati in un altro Stato membro dell'Unione europea o in Turchia o fabbricati in uno Stato membro dell'Associazione europea di libero scambio (EFTA). L’obbligo dell’indicazione della sede dello stabilimento sembrerebbe, pertanto, applicabile ai prodotti alimentari preimballati provenienti da paesi extra UE (al di fuori di EFTA e Turchia).

  • Indicazione di origine volontaria. Resta altresi’ da comprendere se l’indicazione della sede dello stabilimento di produzione o se diverso di confezionamento, possa in qualche modo far scattare, una volta applicabile, l’obbligo di indicazione dell’origine dell’ingrediente primario di cui all’articolo 26.3 del Regolamento UE 1169/2011. Tale lettura, alla luce della finalità della norma, andrebbe esclusa. Ma sul punto sarebbe necessario un chiaro orientamento del legislatore.

  • Alimento legalmene fabbricato in altro Stato membro, ma commercializzato da OSA responsabile stabilito in Italia. Non dovrebbe sussistere l’obbligo di indicazione in tale ipotesi, trattandosi di alimento legalmente fabbricato in altro Stato membro dell’UE.

Su tali aspetti, peraltro, le amministrazioni competenti starebbero vagliando la necessità di una circolare interpretativa.

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