Il 17 marzo scorso è stato pubblicato in G.U.R.I. il decreto legislativo n. 27/2017, recante la disciplina sanzionatoria per la violazione delle disposizioni del regolamento (CE) n. 1924/2006, in tema di indicazioni nutrizionali e sulla salute fornite sui prodotti alimentari, anche conosciuto come regolamento claims.
Di tale norma nazionale sanzionatoria non si è parlato abbastanza.
Per tale motivo, riteniamo di proporre qui alcuni utili spunti di riflessione.
La materia dei claims nutrizionali e sulla salute, infatti, costituisce un terreno, da un lato, molto fertile e attrativo per gli o.s.a., ai quali è stata data la possibilità di descrivere ed evidenziare caratteristiche specifiche degli alimenti dagli stessi prodotti e/o commercializzati. Da altro lato, tuttavia, si tratta di un ambito ancora non perfettamente conosciuto, soprattutto a fronte dell’introduzione di un sistema sanzionatorio che, in alcuni passaggi, nasconde particolari insidie interpretative ed applicative.
Anzitutto, si rammenta che, così come disposto, ai fini dell'applicazione del decreto in parola, le autorità competenti sono state individuate nel Ministero della salute, nelle Regioni, nelle Province autonome di Trento e Bolzano e nelle ASL secondo agli ambiti di rispettiva competenza.
Ora, il decreto prevede una serie di violazioni delle disposizioni del regolamento claims cui consegue la previsione di altrettante sanzioni amministrative pecuniarie contenute tra un minimo ed un massimo edittale.
E’ su tali fattispecie d’illecito che le autorità sopra indicate sono chiamate a svolgere gli accertamenti e a sollevare, se del caso, le relative contestazioni, applicando la sanzione in misura ridotta ai sensi dell’art. 16, L. 689/1981.
Il decreto, però, all’art. 1, fa salvo quanto previsto dal d.lgs. 145/2007 e dal d.lgs. 206/2005, relativamente alle attribuzioni dell'Autorità garante della concorrenza e del mercato (AGCM).
Tale clausola è significativa per tutte quelle fattispecie d’illecito che non sono specificamente previste dal decreto sanzionatorio e che, tuttavia, costituiscono disposizioni rilevanti in seno al regolamento (CE) n. 1924/2006.
Il decreto sanzionatorio non prende tuttavia in considerazione molteplici disposizioni del regolamento claims le quali, se violate, senza dubbio costituiscono illeciti soggetti a sanzione, ma non in virtù del decreto medesimo.
Il che significa che non saranno competenti al relativo accertamento le autorità amministrative summenzionate, né saranno applicabili le sanzioni pecuniarie ivi previste.
Per tali violazioni dovrà allora ritenersi competente l’AGCM, nei casi in cui gli illeciti rientrino nell’ambito di applicazione della direttiva 2005/29/CE in materia di pratiche commerciali sleali (il cui art. 14 è stato recepito a mezzo del suddetto d. lgs. 145/2007) e/o del d.lgs. 206/2005 (codice del consumo).
Oppure, se la commissione dell’illecito a mezzo dell’uso di claims integrasse la violazione di una o più delle disposizioni di cui all’art. 7 del regolamento (UE) n. 1169/2011, dedicato alle pratiche leali d’informazione, dovrà ritenersi competente l’autorità che sarà individuata come tale nella futura norma sanzionatoria nazionale, che entrerà in vigore sostituendo il “vecchio” d.lgs. 109/1992.
Il problema, però, consisterà nella riconduzione della fattispecie concreta d’illecito alla fattispecie astratta prevista ex lege, poiché non è e non sarà semplice capire se la violazione di volta in volta considerata ricadrà nell’ambito di applicazione dell’art. 7 del regolamento (UE) n. 1169/2011, ovvero della direttiva 2005/29/CE.
Le conseguenze applicative non sono di poco conto:
la violazione del principio di non ingannevolezza art. 7 del regolamento (UE) n. 1169/2011 non è attualmente sanzionata (volendo escludere la possibilità di un raccordo tra la vecchia disciplina d.lgs. 109/92 ed il regolamento), non essendo ancora intervenuto il legislatore nazionale sul punto (in futuro, come sopra accennato, sarà emanata una disciplina normativa che prevedrà un sistema sanzionatorio di carattere amministrativo pecuniario che andrà a sostituire il regime sanzionatorio d.lgs. 109/92);
la violazione della disciplina sulle pratiche commerciali ingannevoli è disciplinata, invece, dal codice del consumo: l’art. 27 prevede una sanzione pecuniaria (che si aggiunge al divieto di commercializzazione, all’inibitoria e all’ordine di rimozione degli effetti), irrogata dall’AGCM e contenuta in un da un minimo di € 5.000 ad un massimo di € 5.000.000.
L’ impiego di ‘nutrition & health claims’ non consentiti dai regolamenti europei (1) è punito con sanzioni amministrative pecuniarie che variano:
dai 3 mila ai 12 mila € per le indicazioni nutrizionali non previste in Allegato al regolamento CE 1924/06, o al di fuori delle condizioni ivi previste (art. 8),
idem c.s. per le indicazioni nutrizionali comparative (art. 9),
da 6 mila a 24 mila € per le indicazioni sulla salute non autorizzate (art. 10.1),
da 3 mila a 12 mila € per il mancato rispetto delle condizioni previste su ‘health claims’ autorizzati (art. 10.2),
3-10 mila e 5-20 mila €, rispettivamente, per indicazioni nutrizionali e salutistiche su bevande alcoliche (al di fuori di quelle sole autorizzate, su basso tenore alcolico ovvero sua riduzione, e riduzione valore energetico, art. 4),
da 5- 40 mila € per violazione delle indicazioni sulla salute individuate all’articolo 12 del regolamento.